Getulio Alviani (Udine, 5 settembre 1939) ideatore plastico e progettista, sin da ragazzo frequenta a Udine il laboratorio dello scultore statuario Max Piccini dove apprende i primi rudimenti del fare; lavora poi in uno studio tecnico di architetti e ingegneri e successivamente in una grande industria di apparecchiature elettriche come grafico e progettista. Qui approfondisce i problemi della comunicazione visiva e studia da piccoli dispositivi di comando a strutture parietali trasformabili.
Alla fine degli anni cinquanta realizza le prime "linee luce", superfici metalliche fresate che poi, organizzate e composte modularmente, diverranno "superfici a testura vibratile" che è stata la sua ricerca propedeutica.
Nel 1961 ha una personale alla Mala Galerija di Lubiana seguita nel 1962 da un'altra personale nello spazio della Galerija Suvremene Umjetnosti di Zagabria. Sempre nel 1962 partecipa alla mostra "Arte programmata" organizzata dalla Olivetti a Venezia, Roma e Düsseldorf. Nello stesso anno partecipa alla collettiva "Krit-Punto/2" presso il Palacio de la Virreina a Barcellona, alla collettiva "Anno 62" presso la Galerie 't venster di Rotterdam ed entra a far parte del movimento internazionale Nove Tendencije[2] fondato da Almir Mavignier di cui fanno parte il Groupe de Recherce d'Art Visuelle[3] di Parigi, il Gruppo N di Padova[4], Enrico Castellani e Piero Manzoni per quanto riguarda l'Italia; questo sodalizio artistico è la punta più avanzata di quella che la critica successiva chiamerà "Arte di ricerca visiva, ottica e cinetica".
In questi anni giovanili lega amicizie con Josef Albers, Anni Albers, Max Bill, Konrad Wachsmann, Hans Richter, Sonia Terk Delaunay, Henryk Berlewi, Pavel Mansouroff, Michel
Seuphor e Lucio Fontana.
Nel 1963 partecipa alla mostra "ZERO - der neue Idealismus" nella Galerie Diogenes di Berlino. Sempre nel 1963 partecipa alla mostra collettiva Panorama Van de Nieuwe Tendenzen tenutasi presso la Galerie Amstel 47 di Amsterdam e alla collettiva comprendente gli artisti di Zero presso la Galerie d in Francoforte sul Meno. Nello stesso anno espone nella celebre galleria parigina di Denise René dove tornerà più volte negli anni successivi.
Nel 1964 espone al Musée des Arts Décoratifs del Museo del Louvre di Parigi alla mostra "Nouvelle Tendance Recherches Continuelles". Sempre nel 1964 partecipa a Mikro ZERO/NUL - Mikro Nieuw Realisme, mostra collettiva tenutasi presso la Galerie Delta di Rotterdam dal 7 al 20 agosto; Jeugdfestival di Velp dal 24 al 29 agosto e Galerie Amstel 47 di Amsterdam dal 31 agosto al 19 settembre.
Nel 1965 partecipa all'esposizione "The Responsive Eye" al Museum of Modern Art (MoMA) di New York ed esegue i primi progetti di ambienti con pareti speculari. Nello stesso anno espone all'Albright Knox Art Gallery di Buffalo, al Tel Aviv Museum of Art di Tel Aviv, allo Stedelijk Museum di Amsterdam nella storica mostra collettiva di Zero "NUL negentien honderd en vijf en zestig", alla Städtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco di Baviera e partecipa alla VIII Biennale di San Paolo del Brasile. Nel 1966 espone alla Kunsthalle di Berna e al Museum of Contemporary Art di Nagaoka. Nel 1967 partecipa alla biennale internazionale di arti grafiche a Tokyo, espone allo Institute of Contemporary Art di Boston, al Kunsternes Hus di Oslo, al Musée d'Art et Industrie di Sant-Etienne, al Musée de Beaux Artes di Bruxelles, nella Staditsche Kunsthalle di Düsseldorf, al Gemeentemuseum di L'Aia, al Carnegie Institute di Pittsburgh e al Musée d'Art Contemporain di Montréal. Nel 1968 espone alla Kunsthalle di Colonia e partecipa a Documenta 4 a Kassel. Nel 1969 espone al Palais des Beaux Art di Bruxelles. Nel 1973 partecipa alla X Quadriennale di Roma ed espone al San Francisco Museum of Art di San Francisco.
Durante gli anni settanta approfondisce e sviluppa con una coerenza sempre più estrema i temi che gli sono congeniali allargando il suo interesse dalle strutture ai problemi cromatici, sino alla visualizzazione di processi chimici e fisici.
Nel 1976 ottiene la cattedra all'Accademia di belle arti di Carrara che lascerà nel 1981 per andare a dirigere il Museo de Arte Moderno Jesús Soto di Ciudad Bolívar in Venezuela da lui consacrato all'Arte percettiva.
Nel 1964, 1986 e con un ambiente nel 1993 espone alla Biennale di Venezia.
Negli anni novanta tiene mostre personali al Muzeum Okregove di Chełm (1994) e al
Muzej Suvremene Umjetnosti di Zagabria (1997).
Nel 2000 è presente alla mostra collettiva "Open Ends" tenutasi presso il Museum of Modern Art (MoMA) di New York realizzata per evidenziare quanto accaduto nel mondo dell'Arte dal 1960 fino all'inizio del nuovo millennio attraverso l'esposizione di opere realizzate da Artisti che in quell'arco temporale si erano resi protagonisti sullo scenario internazionale.
Nel 2001 gli viene dedicata una mostra monografica di superfici metalliche allo Städtischens Museum Gelsenkirchen e una rassegna al Mondriaanhuis di Amersfoort. Tra il 2001 e il 2003 è inoltre presente a Luce movimento & programmazione, mostra itinerante nei musei di Ulm, Mannheim, Gelsenkirchen, Kiel, Schwerin e Klagenfurt am Wörthersee.
Nel 2007 espone al Museo nacional centro de arte reina Sofia di Madrid nella mostra Lo[s] Cinético[s] e nello stesso anno partecipa all'esposizione "Optic Nerve" presso il Columbus Museum of Art di Columbus, Ohio. Nel 2012 partecipa alla collettiva "Ghosts in The Machine" presso il New Museum of Contemporary Art di New York.
Fino a circa dieci anni fa ha eseguito progetti di architettura e attualmente si dedica con impegno crescente alla cura di testi ed esposizioni riguardanti i protagonisti delle ricerche strutturali e visive a livello internazionale. È anche autore di un libro su Josef Albers (1988)[5], ha curato con Giancarlo Pauletto un libro su Michel Seuphor (1987)[6], e ha contribuito con le sue fotografie a un libro di G. Pauletto e M. A. Miller su Richard Anuszkiewicz (1988)[7], un allievo di Josef Albers.
Nel 2013 partecipa alla mostra collettiva Dynamo - un siècle de lumière et de mouvement dans l'art 1913-2013, al Grand Palais di Parigi.
Getulio Alviani
Formato: mm. 210x210
Quadrilatero, pentagono, esagono, a lati progressivi inscritti nel cerchio, 1978/2003.
Ferro smaltato a fuoco e plastica magnetica serigrafati a quattro colori, tiratura: 65 esemplari:
50 esemplari contrassegnati da numeri arabi;
10 semplari contrassegnati da numeri romani e cinque prove d’autore.
Tre poligoni il cui numero di lato aumenta progressivamente sono inscritti in una circonferenza. le immagini che si ottengono sono di un quadrilatero giallo, di un pentagono verde, di un esagono blu. Ciascuno dei tre poligoni è il risultato di una formula matematica che stabilisce la misura iniziale, quella del lato più piccolo, dato la quale, per progressivi multipli si ottiene infine il poligono chiuso, con tutti gli angoli tangenti la circonferenza. Quindi i rapporti numerici che legano i lati del poligono sono: 1. 2. 4 in via crescendo per ciascuna figura, dando luogo, di volta in volta, a numeri di pura necessità geometrica. Per ogni numero di lati esiste una e una sola misura del primo segmento che consente la costruzione del poligono con il numero dei lati desiderato. Il valore cromatico della campitura è scelto ogni volta in base alla valenza numerica dell’area del poligono ottenuto e trasponendolo in lunghezza d’onda luminosa.
Ogni colore è dunque stabilito in stretta e razionale relazione con la superficie che copre.