Mario Raciti

Mario Raciti quando, nel 1952, mi iscrissi a Giurisprudenza anziché a Brera, pur desiderando a tutti i costi di “fare il pittore”, incominciavo già a seguire quella linea “trasgressiva” che mi seguirà nel mio fare poi professionale, di pittore vero. Un po’ anarchico, non adeguato ai canoni correnti (usavo la pennellata “à plat” in tempo di pittura analitica!), non seguivo il fare del momento come altri, non sentivo l’arte come forma (non rassomigliavo, come molti affermavano, a Novelli o a Twombly per via del bianco e della matita); mi avvicinavo alla povertà della stesura (negli anni ’70) più per rarefazione spirituale che per pragmatismo esecutivo (“troppo poetica per appartenere alla nuova pittura, la tua” mi disse Fagone).
Inseguivo chimere altre, era un viaggio che svolgeva verso un non dove, in una atmosfera visionaria di tensione e dissipazione. Ho pensato sempre alla mia pittura, che viaggia e varia nella psiche profonda del viaggiatore, come a un romanzo di formazione, alla maniera di Enrico di Ofterdingen di cui Klaus Wolbert ha citato per il mio lavoro il “fiore azzurro”, che è simbolo romantico.
Per cui, se, per alcuni, sono “borderline”, se altri, come Barilli (su l’Unità), mi ritengono ancora un informale “come un kamikaze giapponese che combatte ancora su un’isola senza sapere che la guerra è finita”, (ma quanto tempo è passato dal vecchio informale, quasi quanto quello del “fare pittura”): io so solo che, memore dell’arte di sempre, invento tra le macerie dell’oggi “una pittura ultima”, ed è colpa del mio inestinguibile, pressante sogno, se sono kandiskianamente necessitato da una forma che è quella e non si può classificare alla luce dei regolamenti vigenti.
Ed in questo senso mi sento “moderno” (e non “modernista”): perché vivo drammaticamente l’impossibilità della pittura di esserci come presenza (“Non fosse artista”, cito Gualdoni, “Mario Raciti vorrebbe una pittura felice…”), ma come traccia visionaria, come velato altrove, in attesa di un domani più vero, oggi dolorosamente impossibile. “I FIORI DEL PROFONDO” è l’ultima evoluzione della mia pittura. Dopo le figurazioni fantastiche degli anni ’60, le “Presenze assenze” degli anni ’70, le “Mitologie” degli anni ’80, negli anni ’90 nascono i Misteri che evolvono nel 2000, nei “Why” (drammatico “perché” del Cristo sulla croce). Attualmente, rivivendo il mito di Proserpina, che, prigioniera nell’Ade, anela a comunicare sulla terra colla madre Demetra, dea delle messi, facendo nascere sul pianeta i fiori a primavera, apro il dramma alla speranza, Speranza, oggi velata dalla privazione di un contatto umano, speranza di un nuovo vivere.

Roberto Sanesi

Roberto Sanesi (Milano, 18 gennaio 1930 – Milano, 2 gennaio 2001)
è stato un critico d'arte, storico dell'arte, poeta e saggista italiano. Inizia la propria attività creativa multiforme nel 1951 come critico d'arte per la rivista «aut aut», diretta da Enzo Paci. Collabora con alcuni quotidiani, tra cui il «Corriere d'Informazione» e «Il Gazzettino», nonché a diverse riviste letterarie: «Inventario«, «La Fiera Letteraria», «L'Approdo», «Il Verri», «Poesia e critica» (che collabora a fondare), «Origini». È stato vincitore nel 1955 del "Premio Del Duca" con un saggio su Dylan Thomas e successivamente, nel 1960, del premio "Byron Award" per l'Europa, nel 1961 del "Premio Cercia" e nel 1964 del "Premio Tarquinia Cardarelli" in omaggio al poeta.
Nel 1957 fonda le Edizioni del Triangolo che si propone di pubblicare testi di poeti in relazione con disegni d'artisti contemporanei. Nel 1958 è invitato al "Seminario di Studi Americani" di Salisburgo. Fino al 1960 soggiorna a lungo nel sud del Galles, dove traduce Yeats e altri poeti, diventando amico dello scultore Henry Moore, e di molti altri artisti e scrittori. Nel 1960, dopo il "Byron Award", è invitato come "poeta residente" all'Harvard University, dove tiene alcune lezioni e incide due dischi.
Dal 1970 al 1975 è direttore artistico del "Centro internazionale delle arti e del costume" di Palazzo Grassi a Venezia. Ha collaborato all'attività della Piccola Scala, per la quale ha tradotto in versi un'opera di Benjamin Britten, e del Piccolo Teatro di Milano. Per la Radio Svizzera Italiana cura l'Enrico V e il Riccardo III di Shakespeare e il Doctor Faustus di Marlowe. Nel 1972 organizza per il "Museo d'arte moderna" di Città del Messico una grande mostra di pittura italiana contemporanea.
Nel 1978 organizza al Palazzo Ducale di Urbino una mostra del pittore Natale Addamiano di cui cura il catalogo.
Ha insegnato all'Accademia di belle arti di Urbino, Venezia, Verona e per 34 anni "Storia dell'arte" e "Letteratura comparata" all'Accademia di belle arti di Brera.
Nel 1987 scrive il libretto per l'opera lirica Da capo, con musica di Gaetano Giani Luporini. Nell'aprile del 1997 l'artista bergamasco Giovanni Bonaldi incontra Roberto Sanesi al quale sottopone il progetto di un libro d'artista che, in seguito, il noto poeta e saggista curerà con un suo scritto introduttivo. Il 21 novembre, a seguito di accordi con l'editore, il libro d'artista “Curva di fuga” (incisioni di Giovanni Bonaldi, poesie e scritti inediti di Alda Merini, introduzione di Roberto Sanesi, copertina in pergamena contenente 14 quartini di cm. 44x31) viene pubblicato con le edizioni dell'Ariete e presentato da Alda Merini e Sanesi presso il Castello Sforzesco di Soncino (Cr) in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria alla poetessa milanese.
Ha tradotto poesie di Dylan Thomas, Thomas Stearns Eliot, William Butler Yeats, Conrad Aiken, Christopher Marlowe, Hart Crane, Percy Bysshe Shelley, Archibald MacLeish, William Blake, John Milton, Lewis Carroll, William Shakespeare, Seamus Heaney, Harold Pinter, James Joyce, Vernon Watkins, Walt Whitman ecc. Molti di più ne ha introdotti. Allo stesso tempo ha presentato molti poeti e artisti visivi italiani. Le sue opere poetiche, per larga parte in plaquettes numerate, sono state tradotte in diversi paesi d'Europa ed in America.
È morto a Milano nel 2001.
Le sue carte e la biblioteca sono presso il "Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei" dell'Università di Pavia che dal 2009 organizza incontri internazionali biennali sulla traduzione dedicati alla sua memoria.

Mario Raciti
Roberto Sanesi

Formato: mm. 250x175

Ora vorrei che l’angelo è un volumetto con custodia che contiene poesie inedite di Roberto Sanesi e 2 incisioni originali (in una cartelline) di Mario Raciti.
Questa edizione è stata tirata in 120 esemplari:
100 esemplari contrassegnate da numeri arabi;
20 esemplari contrassegnate da numeri romani, destinate all’autore.
Il volumetto è stato stampato su carta Tintoretto della Cartiera Fedrigoni dalla Tipar per conto delle Edizioni Il Bulino. Le incisioni sono state stampate a mano dalla stamperia d’arte Il Bulino.
Ogni esemplare dell’incisione reca il timbro a secco, la numerazione e la firma dell’artista.
Del volume, privo delle incisioni, sono state stampate 200 esemplari destinati al mercato librario.